CORALLO. LA SUA CARTA D’IDENTITA’
Considerato per molto tempo un vegetale, venne annoverato fra la flora silente del fondale marino e fu erroneamente accomunato agli atolli dei mari del Sud, bellissimi a vedersi ma che non forniscono corallo da gioielleria. Si scoprì successivamente che non si trattava di un vegetale e che i banchi corallini costituiscono solo l’impalcatura su cui il corallo, piccolo organismo polipiforme, vive e si riproduce per via sessuale e per germinazione. Tra individui di sesso diverso c’è una netta separazione, si hanno quindi colonie costituite soltanto da maschi o da femmine, se la colonia è bisessuale i sessi occupano rami separati. Nella fase della riproduzione di tipo sessuale, il maschio sprigiona i suoi spermatozoi che vanno a fecondare le uova deposte in grande quantità dalla femmina. Le uova fecondate, libere e vaganti, scendono nel fondo marino e si fermano appena trovano un supporto a cui attaccarsi. Da qui inizia la formazione di una nuova colonia che si estenderà per germinazione, creando tante diramazioni che danno alla struttura del corallo la forma di un albero.
AMULETO, MEDICINA O …. SIMBOLO DECORATIVO
«L’uso poliedrico del corallo rappresenta la parte più interessante e più affascinante della sua storia. La sua funzione di moneta nel baratto su molti mercati asiatici risale ad alcune migliaia di anni prima della venuta di Cristo .. ed è fuori dubbio che per prima cosa l’uomo abbia chiesto ai frammenti rossi trovati sulle spiagge di essere protetto e perciò ha attribuito loro tutti quei poteri che esulano dalle possibilità umane. Il primitivo uso è stato, quindi l’amuleto, cioè quel qualcosa che, portato sul proprio corpo, riesce a tenere lontano malattie, pericoli e morte. Il merito di aver vigorosamente affermato le virtù repulsive del male (apotropaiche) del corallo va riconosciuto a Zaratustra; egli ne esaltò tutti i poteri affidandogli il compito di proteggere dagli spiriti malefici non solo l’uomo, ma anche il tempio e la dimora. …… Ancora oggi il prototipo degli amuleti è costituito dal cornetto di corallo, rosso o rosa che sia. Non usiamo forse offrire un ciondolino di questa suggestiva materia a chi vogliamo sia toccato dalla fortuna ..? A tale proposito qualche consiglio: se volete fare un simile dono ad un portoghese, ricordate che egli preferirà il corallo bianco; l’indiano, invece, vi sarà particolarmente riconoscente se la materia del suo amuleto si presenterà fortemente “camolata” (cioè tarlata), essendo convinto che in ogni forellino si nasconda uno spirito benigno.
L’uomo non ha pensato di proteggere solo sé stesso con questa materia piena di potere.. Nell’antichità a Malta i cani venivano preservati dalla diffusa rabbia con collari, la cui efficacia era naturalmente proporzionata al numero dei fili di rosse sferette posti al collo degli animali; i Celti, che sono stati certamente i più grandi appassionati del corallo in tutti i tempi, destinavano anche ai loro cavalli, in particolare nelle azioni di guerra, una grande quantità di questi ornamenti nei quali credevano ciecamente. Per gli antichi Romani il mistero e la forza del corallo erano duplici: sospeso al collo dei bambini esso serviva a proteggerli, indossato dalle donne era, invece, simbolo e auspicio di fecondità. Di valori simbolici ogni razza ne ha attribuito uno al corallo: nella mitologia greca rappresentava la bellezza fisica; in India è ricchezza e in Giappone sana longevità; in Cina è salute e vecchiaia serena; nella Bibbia simboleggia le migliori virtù dell’uomo; presso alcuni popoli della Nigeria è l’espressione del potere indiscusso, della massima dignità e della ricchezza. …………
In Scozia sino al secolo scorso si riteneva che la dentizione fosse più rapida in quei neonati che indossassero collanine di corallo. In Inghilterra, invece, all’estermità di un sonaglietto d’argento (Coral and Bells) veniva incassato un tronchetto di 3-4 cm. Perfettamente levigato. In tale modo i bambini, oltre ad essere “protetti” dal corallo, stringendolo tra le gengive avvertivano solo in parte le differenze dello spuntare dei dentini. Anche l’Italia, sino ai primi decenni del nostro secolo, ha avuto il suo “spuntadentini”. Era però piuttosto semplice: un corallo di 4-5 cm. di lunghezza, pendente da un nastrino tenuto al collo dei bambini nel periodo della dentizione. Il nastrino era della lunghezza necessaria affinché il bambino potesse portarlo alla bocca; il segmento di corallo doveva essere perfettamente levigato e con l’estremità ben arrotondata per non danneggiare le tenere gengive che dovevano stringerlo.»
La pesca del corallo
Fino alla metà del Novecento il corallo del Mediterraneo veniva pescato con barche munite di un attrezzo particolare chiamato “ingegno”. Si tratta di due assi di legno disposti a croce, da cui pendono grappoli di reti. L’ingegno veniva calato in mare dalla barca, chiamata appunto “corallina”, e trascinato sul fondo. Nel movimento della barca, i rami di corallo restavano impigliati alle reti e strappati via dagli scogli. Oggi questa pesca non può più essere effettuata ed è stata sostituita dalla pesca dei subacquei, con grande sollievo di quanti hanno caro che l’habitat naturale del mare resti integro e ben protetto. Infatti la pesca dei sub è sicuramente più selettiva in quanto il pescatore, una volta individuato lo scolglio sul quale è presente il corallo, è in grado di raccogliere solo i rami più grand, conservando i più piccoli per gli anni a venire. In Asia invece, dove l’oceano presenta maggiori insidie e si pesca a maggiori profondità, vengono utilizzate navi vere e proprie se non addirittura dei sottomarini per la selezione dei coralli attraverso l’uso di robots subacquei.
La lavorazione del corallo
La lavorazione del corallo si divide fondamentalmente in due grosse famiglie: il liscio e l’inciso. Nel primo caso si realizzano sfere, barilotti, cannettine, elementi ovali, tondi, cabochon e così via. L’incisione, eseguita solo da mani con esperienza pluriennale, dai “maestri”, consiste nel leggere l’immagine insita nel singolo pezzo di corallo e nel raffigurarla “a colpi di bulino” per ottenere una vera e propria opera d’arte, sempre unica come unico è ogni corallo che viene lavorato.
Per la lavorazione del liscio, le fasi sono: lavaggio, tagliatura, bucatura, roccatura, lucidatura, selezionatura e infilaggio. Il lavaggio viene realizzato all’interno dei buratti che, ruotando, fanno sì che il corallo perda la parte più esterna, quella più giovane che non ha ancora avuto tempi di calcificarsi. Si ottiene così il corallo rosso nel suo colore originale. La fase più delicata è la tagliatura che determina la resa finale. Il tagliatore studia il pezzo, “vede” quello che potrà essere il risultato finale (pallino, cabochon, goccia, rosellina, ecc.) e di conseguenza procede al taglio del corallo. La bucatura, realizzata spesso da mani femminili, è altrettanto delicata in quanto richiede molta precisione perché il buco sia centrato al massimo sia in entrata che in uscita. In questa fase il pezzo di corallo non ha ancora la sua forma definitiva, che invece gli viene data nella fase successiva, la rociatura con cui il cilindretto di corallo, posto a contatto con una ruota smeriglio, viene consumato dalla ruota che gira fino ad assumere la caratteristica forma tonda. Ma ancora il processo non è finito, perché il corallo in questa fase presenta delle lievi rigature che con la lucidatura vengono eliminate. Tradizionalmente venivano inseriti gli elementi di corallo in un sacchetto di iuta, aggiungendo minuscoli frammenti di corallo grezzo, pomice e “pulimento” (sostanza segreta). Il sacchetto veniva cucito sul lato aperto e si otteneva così un minuscolo cuscino chiamato “pupatella”. Un operaio sfregava per ben 6-7 ore la “pupatella” su una tavola di legno avendo cura che questa fosse alimentata da acqua che ne manteneva costantemente bagnata la base. Oggi questo caratteristico procedimento è stato sostituito dall’uso dei buratti, in cui vengono messi i coralli da lucidare insieme alle altre componenti già usate per la “pupatella”. Fase finale importantissima è la selezione delle sfere per colore, qualità e diametro. Si passa poi all’infilatura che viene fatta in base alle indicazioni dell’area commerciale, in base alle preferenze dei clienti circa dimensioni, lunghezza e caratteristiche estetiche delle collane. Quelle dello stesso tipo, una volta infilate su cotone, vengono raccolte in mazzette tenute insieme da un “torcino”, tipica treccia di cotone.