Calici e Santo Graal

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IL CALICE SUPREMO. DA RE ARTU’ AI GIORNI NOSTRI. CHI HA TROVATO IL SANTO GRAAL?

La leggenda del Graal si sviluppa storicamente in Occidente in seguito alle crociate: a partire dal 1095 molti Cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa ed erano entrati in contatto con le tradizioni mistiche ed esoteriche del luogo e sicuramente qualcuna di esse parlava del Graal, un sacro oggetto dagli straordinari poteri. Grazie ai Crociati, la leggenda raggiunse l’Europa e vi si diffuse. In effetti la multiforme storia del Santo Graal è tra le più notevoli creazioni letterarie della cultura europea del XII e XIII secolo, iniziata da Chrétien de Troyes con il Parsifal (o il Racconto del Graal), passata attraverso un numero impressionante di racconti fino all’opera di Robert de Boron, nel 1200, con cui la ricerca della Sacra Coppa assume maggiori riferimenti alla spiritualità cristiana: il calice viene identificato con il calice utilizzato da Gesù nell’ultima cena, lo stesso calice che Giuseppe di Arimatea utilizzo per raccogliere il sangue versato durante la Crocifissione.

Il significato.

Il Graal diventa nel tempo il simbolo per antonomasia di tutto ciò che è irraggiungibile, della verità e della sapienza come ricerca di qualcosa che non sarà mai definibile. In questa accezione la ricerca del Graal rappresenta un percorso spirituale, a cui si lega l’idea di avventura e di viaggio con prove da superare, come nei racconti di Re Artù. Non sono luoghi fisici ma luoghi dell’anima, in cui il pericolo di perdersi prima del raggiungimento della meta è il pericolo di perdere la via che porta a Dio. Non a caso gli eroi si muovono senza un’apparente via da seguire come se fossero in un labirinto simile a quelli che ricoprono il pavimento di alcune cattedrali medievali, a simboleggiare il percorso dell’anima per raggiungere la grazia di Dio.

Il Graal, la donna e il cuore.

Particolarmente suggestiva appare l’interpretazione simbolica del Graal con la figura femminile e con quella del cuore. Sono i geroglifici egizi a supportare tale teoria, infatti il geroglifico egizio rappresentante la donna ne raffigura il profilo insieme ad un pozzo d’acqua: la donna come sorgente di vita e l’acqua come fonte vitale a cui si collegano tutti i contenitori necessari a raccoglierla, quindi anfore, bacili, coppe. Il simbolo del vaso è utilizzato anche per il verbo creare. Il Graal possiede quindi l’immagine del vaso come simbolo della creazione.

Il geroglifico che indica il cuore è costituito da un piccolo vaso e per gli antichi egizi il cuore era la sede dell’anima. Rappresenta il centro dell’essere, la sua anima il luogo “dell’incontro” e “dell’alleanza”.

IL BICCHIERE GIUSTO … AL MOMENTO GIUSTO

Le peculiarità di una bevanda possono essere esaltate o sacrificate a seconda del bicchiere che viene utilizzato. Così, come nel settore automobilistico si lavora nelle gallerie del vento per produrre vetture capaci di avere la minore resistenza possibile alla pressione esercitata dall’aria, quindi più aerodinamiche e con consumi più contenuti, così nel settore enologico gli esperti ricercano, sperimentando con meticolosità quasi maniacale, quei materiali che consentono di valorizzare e di apprezzare le qualità organolettiche delle varie tipologie di bevande.

La flûte, ad esempio, con la sua forma a calice allungato e sinuoso, permette alle bollicine di salire lentamente lungo il collo del calice e di vedere il perlage chiaro e dorato dello champagne.

Il calice da vino bianco si innalza con un calice alto ma non troppo panciuto, a tulipano o a giglio, che svasa verso l’alto per contenere il colore giallo dorato o paglierino del vino ed esalare poi verso l’esterno i profumi e i sapori fruttati e un po’ aciduli tipici dei bianchi secchi.

Il calice da vino rosso si presenta di forma leggermente diversa, con un calice più panciuto, lo stelo lungo e una svasatura più ampia: questo serve per far risaltare il colore rosso rubino brillante del vino e per racchiudere i profumi più decisi e speziati che vengono poi emanati e assaporati lentamente dalla bocca del bicchiere. Un particolare bicchiere per vino rosso invecchiato in “barrique” è il ballon, un bicchiere maestoso ed imponente, più grande degli altri, con uno stelo medio e piede largo. La sua caratteristica saliente sta nella coppa a calice arrotondato nella forma inferiore che si allarga quasi come una mezza palla che va richiudendosi verso l’alto lasciando comunque un imboccatura ampia da cui assaporare i piaceri olfattivi e gustativi del vino. E’ un bicchiere da degustazione vero e proprio per cui la forma permette di roteare il liquido all’interno, vederne il colore nella sua limpida purezza e distinguerne i profumi e sapori prima di portarlo alla bocca, sprigionando un trionfo di esperienze sensoriali.

Il tumbler è il bicchiere da whisky per eccellenza e ha origini anglosassoni. E’ un bicchiere senza stelo, alto e stretto, di forma quadrata o rotonda come vuole la tradizione inglese, oppure può essere più basso e largo come si usa invece negli Stati Uniti, dove si è soliti abbinarlo a ghiaccio e soda.

Il tulipano è invece il bicchiere da cognac, di provenienza francese, chiamato anche Napoleon per richiamarne l’origine. Ha la forma di un tulipano con uno stelo corto che si apre in una coppa molto panciuta che va leggermente assottigliandosi e allungandosi verso l’alto in un’imboccatura stretta: questa forma sinuosa permette una degustazione lenta e meditata, con brevi sorsi che richiamano il sapore caldo e ambrato del liquore.